Aneddotica curiosa sui Sofisti e breve lessico filosofico annesso

 Questo nuovo post intende affrontare la spiegazione di taluni termini specifici del lessico filosofico inaugurato con il movimento dei Sofisti ed anche la trattazione di aneddoti relativi ai Sofisti stessi.

Partiamo proprio dai primi, per giungere agli ultimi che sono anche di tenore più... gustoso!

Con i Sofisti, lo si è detto, s'impone l'arte della parola, della disputa verbale che porta a trattare la retorica e la dialettica.

Con "retorica" si intende proprio l'arte di convincere l'altro, l'interlocutore, attraverso la persuasione linguistica, l'uso accurato e mirato del linguaggio attraverso tecniche che si sono poi anche evolute e vengono usate oggi. Il suo luogo di nascita è l'ambito giuridico e fu poi diffusa a tutte le parti del sapere per convincere l'altro della bontà, veridicità, efficacia della propria posizione.

Con "dialettica" si intende, in modo più generico, il confronto ed il dialogo con un interlocutore che diventa, però, avversario e ciò è maggiormente frequente nelle dispute accademiche, politiche e giudiziarie. Ed allora, se è nostro avversario, dobbiamo vincere la nostra disputa.

La disputa può avvenire con un'argomentazione ampia ed allora di parlerà di macrologia, viceversa se breve, si dirà che è brachilogia

La dialettica, che in sé è l'arte del prevalere a livello verbale in una disputa, si suddivide in ulteriori parti: eristica ed antilogica.

Per "eristica" si intende l'arte di vincere, vera e propria, nella disputa verbale con l'interlocutore/avversario e non per andare a cercare la verità quanto piuttosto, come si diceva (anche se non si deve banalizzare), rendendo vincente un argomento perdente.

L'eristica, a seconda dei casi, delle persone, delle situazioni cercherà di adottare le tecniche migliori e più produttive ai fini del risultato.

L'antilogica, il cui significato è nel termine proprio stesso, è la tecnica (per non dire l'arte) di contrapporsi ad una tesi con un'altra tesi, opposta e contraria, al fine di dimostrare l'infondatezza sia della prima tesi che si contrappone, sia della seconda che viene, invece, contrapposta. Insomma, potremmo dire che ambedue si contraddicono reciprocamente e si escludono a vicenda.

Lo scetticismo metafisico, trascendente e teologico trova la sua ragion d'essere nella forza argomentativa della parola che è l'unico strumento per poter arrivare a dei risultati e viene riassunta dalla frase di Gorgia secondo cui "Nulla esiste, e se anche qualcosa esiste, non è conoscibile, e se anche è conoscibile, non è comunicabile

Altro glossario importante, studiando i Sofisti, è rappresentato dall'umanismo (l'uomo è attore agente nella vita e nella società), dal fenomenismo (la realtà è quale noi ce la rappresentiamo e come ci appare) ed infine il relativismo (in un simile contesto, la verità e i valori non sono certi ed assoluti ma sono sempre relativi). 

Questo sostanziale relativismo viene ben argomentato da una frase di Protagora secondo cui "L'uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono" (secondo quanto ci dice al riguardo anche Platone, nel Teeteto).   

Relativamente all'aneddotica, merita senz'altro di esser riferito quanto segue che si può trarre dalla testimonianza tramandataci da Aulo Gellio (famoso retore e giudice che nel suo Notti Attiche ci consente di attingere ad una serie di importanti informazioni). In merito a Protagora (Abdera, 481 - 420 ca a.C.) nel suo libro V, 10 dell'op.cit. afferma:"Evatlo, giovane ricco, desiderava essere istruito nell'eloquenza e nell'arte di discutere le cause. Egli era venuto da Protagora e si era impegnato a corrispondere quale compenso l'ingente somma che Protagora aveva richiesto e ne aveva versata la metà subito, prima di incominciare le lezioni, impegnandosi a versare l'altra metà il giorno in cui avesse discussa e vinta la prima causa davanti ai giudici. Ma, pur essendo stato a lungo ascoltatore e discepolo di Protagora e avendo fatto notevoli progressi nell'arte oratoria, non gli era toccata alcuna causa e poiché era ormai passato molto tempo, sembrava facesse ciò a bella posta, per non pagare il saldo a Protagora.

Questi allora, chiese il pagamento del saldo e intentò un processo a Evatlo. Davanti ai giudici Protagora così si espresse: 'Sappi, giovane assai insensato, che in qualsiasi modo il tribunale si pronunci su ciò che chiedo, sia contro di me sia contro di te, tu dovrai pagarmi. Infatti, se il giudice ti darà torto, tu mi dovrai la somma in base alla sentenza, perciò io sarò vittorioso; ma anche se ti verrà dato ragione mi dovrai ugualmente pagare, perché avrai vinto una causa'. Evatlo gli rispose: 'Sappi, dottissimo maestro, che in qualsiasi modo si pronuncino i giudici, sia contro di te sia in tuo favore, io non sarò affatto obbligato a versarti ciò che chiedi. Infatti, se i giudici si pronunceranno in mio favore nulla ti sarà dovuto perché avrò vinto; se contro di me, nulla ti dovrò in base alla pattuizione, perché non avrò vinto.

I giudici, allora, considerando che il giudizio in entrambi i casi era incerto e di difficile soluzione, giacché la loro decisione, in qualunque senso fosse stata presa, poteva annullarsi da se stessa, lasciarono indecisa la causa a data assai lontana" (Aulo Gellio, Notti attiche, V, 10). Periodo di composizione: tra il 130 ed il 180 d.C.  

Un altro aneddoto, purtroppo conclusosi con la dipartita del protagonista, che è lo stesso Protagora, ci racconta la vicenda della fuga del filosofo dalla Grecia verso la Sicilia dove fece naufragio e fu raggiunto da tre trireme greche, trovando successivamente la morte, mentre stava fuggendo per sottrarsi alla pena capitale (avrebbe dovuto morire dopo aver bevuto la cicuta, proprio come Socrate) per aver pronunciato una frase che rimetteva in discussione la tradizionale credenza negli dei: "Riguardo agli dei, non ho la possibilità di accertare né che sono, né che non sono, opponendosi a ciò molte cose: l'oscurità dell'argomento e la brevità della vita umana" 

Quest'affermazione gli costò i sospetti di mettere in discussione gli dei in cui si era da sempre, tradizionalmente creduto, gli attirò la diffidenza e si trasformò in condanna ed il resto, purtroppo, fu tragica cronaca, ora menzionata.

Grazie a tutti per la Vs. cortese attenzione e per la Vs. lettura.

Prof. Ivo Mandarino  

                                                              Prof. Ivo Mandarino 


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Prof. Dr. Ivo Mandarino, divulgatore culturale e filosofico.