Pillola di saggezza filosofica: aspetti dell'etica epicurea (Epicuro, Samo 341 - 270 a.C.)
In relazione a quanto abbiamo sostenuto prima il discorso della felicità è quello che incentra la nostra attenzione in questi ultimi due interventi serali. Là si parlava di Spinoza, per il quale la felicità era collegata al discorso della "hilaritas", anche in base a quanto ci dice su di lui l'altro filosofo P. Hazard.
Per Spinoza diventava situazione concreta di vita e non tanto rimeditazione concettuale o ricerca morale disinteressata. Ovvio che il discorso dovesse procedere anche su questi binari ma l'aspetto concreto e pratico era prevalente su qualsiasi altra considerazione che certo non gli difettava. In questo senso la felicità diventava quasi una condizione esistenziale dell'essere da viversi.
Questa può, a ragione, essere considerata una tematica da trattarsi a livello trasversale tra i filosofi di tutte le epoche e sin dalle epoche più antiche è stata certamente affrontata anche all'interno di ben più ampi sistemi filosofici.
Epicuro (Samo, 341 - 270 a.C.), ad esempio, capostipite della famosa scuola epicurea, per l'appunto, ovvero una di quelle scuole che scolasticamente, a livello didattico, si affrontano dopo che si sono approfonditi tutti gli argomenti dell'età antica e della grecità classica, affermava la necessità di perseguire la felicità e proponeva anche una sua via (tetrafarmaco) composta di quattro punti principali:° arrivare ad una corretta rappresentazione degli dei;° eliminare la paura della morte; °razionalizzare impulsi e desideri;° elogiare una certa qual forma di apatia e di disinteresse nei riguardi delle emozioni forti, da temperarsi, calmierandole al massimo.
Del resto tutte le principali scuole che vengono inaugurate alla fine del periodo classico della grecità rappresentata fino ai cosiddetti grandi nomi, dei filosofi che hanno fatto del loro pensiero un vero e proprio sistema filosofico, accentrano l'interesse verso l'etica, la moralità, l'aspetto comportamentale.
Un vero e proprio passaggio che segna anche una sorta di interesse del mondo romano verso la cultura classica greca poiché i due mondi erano ormai entrati in contatto e, se uno aveva conquistato l'altro anche militarmente, l'altro l'aveva conquistato culturalmente. Una sorta di momento di passaggio. Si pensi anche al fatto che abbiamo pensatori, retori, avvocati come Cicerone e filosofi romani (latini) come lo spagnolo Seneca (4 d.C. ca).
Ad ogni buon conto, Epicuro è greco per nascita, cultura e tradizione e la sua ricerca è tutta volta alla conquista della felicità che, secondo lui, è perseguita dall'essere umano per tutta la sua vita, indipendentemente dalla cultura, dalla collocazione geografica, dall'età e da qualsiasi altra variabile
Sostiene, in una famosa frase, che un filosofo che non dona e che non trova la felicità non è, a rigore, un filosofo vero e proprio. Cambia la prospettiva: non più la conoscenza come aspetto primario di ricerca, bensì la ricerca del principio etico della felicità.
La sua frase ora menzionata è: "Vuoto è l'argomento del filosofo che non dà sollievo all'umana sofferenza".
In merito a quanto si diceva circa la sua considerazione sulla felicità è opportuno citare direttamente la fonte testuale che è la Lettera sulla Felicità ch'egli indirizza a Meneceo e che così recita, riportando integralmente i brani più interessanti:
"Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell'animo nostro. (...). Ecco che da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani, irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l'avvenire. Cerchiamo di conoscere allora le cose che fanno la felicità, perché quando essa c'è, tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo per possederla. Pratica e medita le cose che ti ho sempre raccomandato: sono fondamentali per una vita felice. Prima di tutto considera l'essenza del divino materia eterna e felice, come rettamente suggerisce la nozione di divinità che ci è innata. Non attribuire alla divinità niente che sia diverso dal sempre vivente o contrario a tutto ciò che è felice, vedi sempre in essa lo stato eterno congiunto alla felicità" (Ibidem, op. cit)
Ed il buon Epicuro ci esorta e ci sprona ad essere anche dotati e portatori di buon senso e di ragionevolezza utilizzando pacatezza e prudenza nelle nostre relazioni interpersonali, come quando ci avverte che davvero "in medio stat virtus" poiché, se non è adatto che non ci si debba confidare con tutti confidando il tutto, è altresì vero che non è neppure opportuno diffidare delle persone più care. Sono due atteggiamenti contrapposti ed estremi, secondo lui da evitarsi assolutamente. Ecco una salutare lezione di saggezza filosofica, da parte di Epicuro da Samo, e di molto elementare buon senso, evidentemente non così comune, però!
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