Riflessioni del Prof. Ivo Mandarino/Le preghiere in Latino

 Riflessioni del Prof. Ivo Mandarino

                                                   Le preghiere in Latino

Devo ammettere che realizzare un post di questo tenore mi reca persino un certo imbarazzo.

L'imbarazzo deriva non dal fatto in sé che, com'era uso e tradizione alcuni decenni fa, prevedeva la recita delle preghiere addirittura con preponderanza dell'uso della Lingua Latina in luogo di quella nazionale e secolare, quanto il fatto che se ne debba parlare.

E qui, inevitabilmente, devo essere un po' più chiaro ed esplicito.

A parte il fatto che il Latino è tutt'ora la Lingua ufficiale del Vaticano e quindi della Chiesa Cattolica ma il problema consiste nel fatto che sia un'anomalia il doverne parlare e addirittura in questi termini.

Ora, è a tutti noto che - anche a livello popolare - gradatamente, dal Concilio Vaticano II in poi se ne sia perso l'uso e l'abitudine ma è a tutti noto (e non mi addentro più di tanto nella questione) che, con recenti disposizioni, si sia scelto (poiché di scelta si tratta e non si dà qui certamente un giudizio di merito) che la celebrazione delle Sante Messe in Latino debba seguire una procedura del tutto particolare per potersi inverare e che il Vetus Ordo incontra più difficoltà anche rispetto ad un recente passato.

L'idea che mi sovviene è che (purtroppo, dal mio punto di vista) non sarà forse più possibile sentire la celebrazione di una Santa Messa secondo il rituale pre-conciliare, in Latino e che, forse (o probabilmente) anche la stessa recita delle orazioni sarà ancor meno frequente di quanto già non sia attualmente in Latino.

Penso che la soluzione di una pacifica convivenza tra le due possibilità fosse fattibile e, personalmente, mi spiace vedere una Lingua, quale quella Latina, tramontare a poco, a poco ma forse definitivamente dal "panorama" liturgico e canonico della Chiesa Cattolica.

Nessuna vena polemica da parte mia, né alcuna forma di pura nostalgia.

Molto più pragmaticamente, la constatazione che - come testé si è menzionato - si potesse procedere con ambedue le opzioni celebrative.

In fondo, la forma qui è anche sostanza, e certo una Santa Messa celebrata nel modo tradizionale in Lingua Latina, fino a poco tempo fa ancora ammessa per quanto poi praticamente caduta fortemente in disuso, era ancora possibile e non toglieva (anzi!) nulla alla ragione sostanziale della celebrazione eucaristica.

Se è vero, come è vero, che - appunto "Ecclesia semper reformanda" - fa avvertire in taluni fedeli una sensazione di vuoto il fatto che possa scomparire questa possibilità.

Le stesse preghiere non sono poi così incentivate ad esser recitate nella loro forma latina, nella stragrande maggioranza dei casi almeno e, francamente, non pare - anche sentendo i testimoni della tradizione (termine usato in Antropologia Culturale e qui quanto mai opportuno!) che vi fosse tutta questa difficoltà a comprendere l'esatto significato da parte di chi non aveva studiato il Latino nel proprio corso di studi. Non pare esserci un problema in tal senso...

Naturalmente io non mi pronuncio su questo poiché il mio sarebbe un giudizio fortemente di parte avendo studiato sia il Greco Antico che il Latino e ritenendo che queste due Lingue antiche abbiano una plurima importanza persino metodologico-didattica così da conferire abilità e competenze sul piano logico-deduttivo utilizzabili pedagogicamente in modo trasversale a livello interdisciplinare. Ciò, tanto per citare un aspetto d'importanza didattica che deve poi ancor essere unito all'apprendimento sicuro di concetti grammaticali, storici, culturali; allo sviluppo del pensiero critico; all'apertura di orizzonti con la comprensione dell'etimo...   

Ma questa è ancora altra faccenda anche se può comunicare qualcosa circa la mia considerazione dell'utilizzo per motivi legati alle Sante celebrazioni di Lingue di cui apprezzo l'episteme, la bellezza intrinseca, l'utilità pedagogica e formativa e, non ultima se non descrittivamente, celebrativa.  

Ed allora, ciò detto e ciò considerato, tutto l'insieme, perché questo ulteriore e (purtroppo) significativo allontanamento da una tradizione che, aspetti negativi, certo non presentava?

Personalmente continuerò a recitare le preghiere oltre che nella lingua nazionale secolare anche in quella più tradizionale (il Latino) non ritenendo con ciò di contravvenire a qualsivoglia precetto, convinto anche (e soprattutto) che un ruolo fondamentale lo giochi la ferma convinzione personale laddove non si vada a calpestare i diritti altrui...

Certo, ne va, talora della preghiera comunitaria, della recita orante fraterna in fraternità comunitaria appunto...

Così come, se non sarà più possibile avvicinarsi e partecipare ad una celebrazione nella lingua dei nostri antichi padri romani, rimarrà solo un "modus" che non arricchirà (secondo la modesta e personalissima opinione dello scrivente) le opzioni come era possibile fare certamente di più in passato, ma anche in un passato un po' più recente e forse non più nel presente e nel futuro...

E ciò, in tutta franchezza, certamente spiace...   

Senza polemica alcuna (ci mancherebbe ancora!) ma spinto da tanta fraternità verso chiunque si appresterà a leggere questo mio sofisticheggiante "articolo" propongo di chiuder lo stesso e di pubblicarlo recitando convintamente le nostre orazioni nel... vernacolo all'origine di questo (si fa per dire naturalmente, con un po' di sorridente ironia) "casus belli"...


Signum crucis

In nomine Patris

et Filii

et Spiritus Sancti.

Amen 


Pater Noster

Pater noster,

qui es in caelis,

sanctificetur nomen tuum;

adveniat regnum tuum;

fiat voluntas tua,

sicut in caelo, et in terra.

Panem nostrum cotidianum

da nobis hodie;

et dimitte nobis debita nostra,

sicut et nos dimittimus

debitoribus nostris;

et ne nos inducas

in tentationem,

sed libera nos a malo

Amen 


Ave, Maria

Ave, Maria, gratia plena

 Dominus tecum;

benedicta tu in mulieribus,

et benedictus fructus ventris tui, Iesus.

Sancta Maria,

Mater Dei,

ora pro nobis peccatoribus 

nunc 

et in ora mortis nostrae.

Amen  


Gloria Patri

Gloria Patri 

et Filio

et Spiritui Sancto.

Sicut erat in principio

et nunc et semper

et in saecula saeculorum.

Amen.



Prof. Ivo Mandarino


  


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