Il processo di conoscenza secondo David Hume. Parte I. Post discorsivo argomentato.

 In questo post vedremo, discorsivamente, i primi aspetti del processo di conoscenza secondo David Hume, che saranno parimenti trattati in un video seguente. Così si concluderà la I parte della teoria della conoscenza di Hume a cui seguiranno altre parti successive che tratteranno gli altri aspetti della conoscenza con altri video, e così via sino al termine dell'argomento. Questa la scelta, a livello metodologico.

Il processo della conoscenza secondo David Hume. Parte I

Veniamo così, in medias res, alla trattazione dell'argomento. Secondo Hume, com'egli stesso le definisce, le percezioni ricomprendono: "tutto ciò che può essere presente nella mente". Successivamente Hume ci dirà che le stesse percezioni si dividono in impressioni ed in idee.

Le impressioni sono l'esperienza che si fa di un certo fenomeno, quindi sono le percezioni immediate; le idee, invece, sono le immagini o il ricordo delle impressioni, che si conservano dopo aver fatto esperienza di un certo fenomeno. Sicuramente, tra le due, è più forte e vivace l'impressione primaria, essendo l'altra, appunto, o un nitido, o uno sbiadito, ricordo. L'idea, infatti, è una percezione di minor intensità rispetto all'impressione. Le impressioni sono in sé originali, le idee sono un ricordo dell'impressione. Sono due tipi di percezione, sicuramente, ma il più forte è l'impressione e non l'idea.

Questo perché Hume non ammette, a differenza degli altri empiristi, Locke e Berkeley in testa, la differenza fra idee e dunque nega quelle astratte, in ragione di un suo sostanziale materialismo ateo.

Locke, infatti, aveva riconosciuto la realtà dell'io, di Dio e delle cose. Berkeley aveva negato la materia ma aveva ammesso gli spiriti finiti (gli uomini) e lo Spirito Infinito (Dio), mentre Hume non ammette nulla al di fuori del sensibile e dunque delle idee di ciò che non sia sensibile. Nulla vi è per lui al di là delle idee attuali.

Trattandosi di una partita che si gioca sul puro piano materialmente terreno, per Hume esistono allora soltanto le impressioni, le idee ed i loro rapporti. Importante sarà allora capire in che modo si connettano tra loro e quali siano i rapporti tra le stesse. Essendo così concepite, le impressioni e le idee altro non sono che rappresentazioni di fatti ed oggetti concreti, materiali ed attuali ed in questa stessa definizione risiede tutta la loro ragione. Spiegano l'immanente, non si rivolgono al trascendente, ma solo ai rapporti originari. Se così è la conclusione scettica, appunto perché di fatti puramente terreni si tratterebbe, è inevitabile.  

Così si può spiegare, dunque, lo scetticismo empirista di Hume.

Andiamo oltre. Hume non riconosce le idee astratte, abbiamo detto, ma ciò aveva già fatto anche Berkeley: infatti ricordiamo che quest'ultimo era convinto che esistano idee generali (che diventano particolari nel processo di conoscenza) che vengono assunte come segni di altre idee particolari che siano simili ad esse. Una certa qual negazione delle idee astratte la si vedeva, peraltro, anche in Locke.

Hume dirà, a proposito della teoria di Berkeley, che essa è stata "una delle maggiori e più importanti che siano state fatte in questi ultimi anni nella repubblica delle idee". (Trattato, I, I, VII) In merito poi alle idee in quanto tali dirà che. "Un idea particolare diventa generale col venire unita a un termine cioè, che per associazione abituale, si trova in relazione con molte altre idee particolari e prontamente le richiama all'immaginazione"

Particolarmente utile, a questo punto, è ricordare che cosa intenda Hume per "abitudine", termine che ritroviamo, ai fini del presente discorso, nelle sue opere. Per abitudine, Hume intende la disposizione pronta a ripetere un certo atto in modo meccanico, o frutto del puro ricordo, senza che intervenga il ragionamento. Una disposizione che servirà generalmente a raggruppare cose, oggetti o fatti riguardanti un unico nome, con un'unica funzione segnica. Quelle che sono le caratteristiche che servono per farci arrivare alla conoscenza dell'uomo, propriamente inteso, o del triangolo, per fare un esempio, diventano occasione per riunirle sotto un unico significato. E non saranno più la funzione concettuale del segno propriamente detto, secondo quella tradizione che va da Ockham a Locke e Berkeley ma, per Hume, puro fatto psicologico, null'altro appunto che... abitudine!  

Una funzione, questa, che spiegherà - allora, secondo Hume - anche gran parte della nostra vita psichica.

La prossima volta vedremo Il principio di associazione in rapporto all'immaginazione.

Ricordiamo qui per il momento che l'immaginazione serve per ricostruire l'esatta dinamica delle relazioni tra le idee e che l'immaginazione opera spinta dal principio di associazione secondo i seguenti tre nessi: causalità; somiglianza e contiguità (che vedremo di sviluppare in discorso organico).

Ricordiamo anche che Hume opera una sostanziale critica delle idee astratte che vengono così negate e viste, perlopiù, come idee particolari, immaginate, ed assunte come segni di gruppi di idee particolari. Non esistono di fatto, proprio come per Locke e per Berkeley, ma servono per rappresentarsi caratteristiche di gruppi di idee particolari essendo - perciò esse stesse - idee particolari 

Grazie per la cortese attenzione, alla prossima puntata.



PROF. IVO MANDARINO  

Docente di Filosofia e di Scienze Umane.         

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