Anticipazione del video su Erodoto, parte II. Articolo schematico.

 

In questo post il Prof. Ivo Mandarino anticipa i contenuti che saranno argomentati nel video successivo al I riguardante l'attività del grande storico greco Erodoto.

L'argomentazione riguardante il I video si era conclusa - lo si ricorderà - con l'introduzione di quella che noi oggi potremmo definire "a buon dire" la filosofia della storia.

Secondo Erodoto, protagonista della storia è la divinità che è garante dell'ordine cosmico universale e regge la forza su cui si basa ogni equilibrio in modo costante ed immutabile. Quando vi è anche solo un accenno alla compromissione di tale ordine la divinità interviene in base al principio della cosiddetta "invidia degli dei". Questo principio si basa su una profonda e radicata convinzione atavica delle divinità secondo cui gli dei possedevano caratteristiche antropomorfe, umane ed erano molto gelosi della propria gloria, della potenza e del prestigio sconfinato.

In seguito a ciò l'uomo che consegue troppa notorietà, a loro discrezione, o troppa fortuna compie un atto di "tracotanza" così da inimicarseli e provoca la loro invidia in modo che essi lo puniscono inesorabilmente tramite morte, sofferenza, tristezza o perdita della gloria e della rinomanza, della notorietà.

Gli esseri umani devono, dunque, adeguarsi alla volontà degli dei, devono cercare di farsi amici le varie divinità tramite le divinazioni, gli oracoli e l'oniromanzia (interpretazione dei sogni). In questo modo si realizza un progetto di totale asservimento agli dei stessi che vengono, in questo modo, ragionevolmente soddisfatti.

La koiné con cui viene a contatto Erodoto è l'Atene di Pericle, una realtà in cui i valori della tradizione sono contestati continuamente e con molto vigore e forza dai sofisti rappresentanti di quegli intellettuali sempre polemici che criticano duramente i costumi tradizionali, atificiali a loro dire e non degni di pregio alcuno, nemmeno importanti e vuoti di ogni interesse.

Sono elementi critici nell'impostazione metodologica dello stesso Erodoto ed appartengono sia alla critica dei sofisti sia a coloro che osteggiavano il tradizionalismo etico, coloro che vedevano nel nomos (da nomoi, costumi, intesi come tradizione), la fonte primaria ed unica di verità, sicurezza, fondamento etico, morale e giustizia. 

Erodoto riesce, peraltro, a miscelare le due posizioni in un connubio originale e vincente, rielaborando il costrutto teorico in modo convincente, sfuggendo anche alle possibili critiche e riuscendo a dare significato alla propria ricerca.

Addirittura, attraverso il relativismo del filosofo sofista Protagora con un atto tanto generoso quanto limpido intellettualmente e persino coraggioso, rifiuta di conferire alla tradizione greca l'unicità di verità giungendo a dire che ad ogni persona i propri usi e costumi sembreranno sempre essere i migliori ma - al contempo - ponendosi in antitesi pure ai sofisti contesterà l'inutilità, dal suo punto di vista, dei nomoi dalla prospettiva sofistica affermando che gli stessi meritano sempre rispetto poiché - seppur soggettivamente - tuttavia sono espressione per ogni persona e per ogni popolo della propria ncultura e tradizione, estensivamente intesa, anche come segni ed atti di vita vissuta.

Passiamo ora a dare qualche notizia intorno alla sua opera maggiore: Le Storie. Erodoto presenta la propria opera come "esposizione della ricerca" che riguarda tanto le imprese umane al fine di non dimenticarle, tanto le gesta di grande valore ed importanza attribuibili agli Elleni ed alle popolazioni barbare, nel nome di quel soggettivismo storico di cui si parlava poc'anzi.

Nel merito della trattazione argomentativa, Erodoto - nel primo libro - attesta fatti epici importanti come quello, scabroso, riguardante la moglie di Candaule, scoperta da Gige e un aneddoto pieno di onore e di coraggio raccontato da Solone a Creso in merito alla felicità umana. L'ultima parte presenta la sconfitta di questi ad opera di Ciro e la conseguente salita al trono del sovrano di Persia che si trasferisce a Babilonia dove muore nel 529 a.C.

Nel libro II vengono raccontate tutte le qualità e le caratteristiche dell'Egitto dove comanda Cambise. Grazie ai viaggi che Erodoto ha compiuto in questa magnifica terra in gioventù, gli riesce una descrizione molto dettagliata e quasi folklorica in taluni passaggi, certamente etnografica con molti spunti interessanti e rigorosamente esatti e dettagliati.

Nei libri III e IV viene raccontata la conquista dell'Egitto da parte di Cambise dopo ripetuti assalti e della successione, alla sua morte, di Dario I. La Grecia è strategicamente posta per fondare nuove città ed insediamenti per l'accesso diretto tra Occidente ed Oriente. Dario, infatti, conquista le colonie greche ioniche dell'Asia minore.

Nel V libro si narra l'insurrezione contro Dario capeggiata da Aristagora con successivo ampliamento del fronte di sommossa sostenuta nell'Ellade da Milziade ed Aristide che formano un esercito oplita.

La battaglia, che ha luogo a Maratona, nel 490 a.C. si risolve con la sconfitta di Dario. La vittoria degli insorti è frutto della strategica quanto non comune alleanza tra Sparta ed Atene.

Alcuni anni dopo Serse, il figlio di Dario riprende il progetto paterno ed assalta alcune città ioniche come Mileto (libro VII).

Nel libro VIII Erodoto narra le battaglie condotte da Temistocle e della disfatta dei persiani che, in un primo momento, avevano sfruttato un certo vantaggio logistico annichilendo Atene.

Peraltro nel libro IX viene ribadita la suoperiorità greca nei riguardi dei persiani.

Questo, in rapida ed estrema sintesi, il quadro schematico dell'opera che rivela peraltro discrasie prospettiche ed anche una certa frammentarietà di visione che è caratteristica peculiare di procedere di tutto il metodo di Erodoto su cui, comunque, non si insisterà in questa sede, avendo - tale metodologia - visto sorgere in campo interpretativo diverse posizioni e molte, svariate e - talora confliggenti - contrapposizioni che non costituiscono il materiale di indagine di questo breve lavoro. Peraltro, per maggiori approfondimenti, si rimanda senz'altro ad altre fonti per chi volesse analizzare tali punti di vista, interessanti e degni di nota.

In questo lavoro dello scrivente preme soltanto ricordare l'enorme fortuna (meritata) di cui si è ammantato l'attività di Erodoto compravata dalle molteplici citazioni in tante opere di storia, etnografia, ricostruzione storiografico-etnografica sia per i contenuti che per lo stile che per il metodo utilizzato, assolutamente una novità proficua per il periodo considerato.

Non mancarono, comunque, i punti di vista dissenzienti come quello di Plutarco che scrisse un intero trattato contro di lui pur attingendo dalla sua opera assai abbondantemente.

Altre testimonianze sono invece nettamente a favore di Erodoto come i 45 papiri vergati nei riguardi della sua opera, con particolare menzione per quello di Aristarco, famoso frammento papiraceo contenente, per l'appunto, un commento di Aristarco ad Erodoto.  

La notorietà di Erodoto fu amplissima, come molto apprezzato fu il suo metodo storiografico, ampiamente utilizzato nel Medioevo in opere prevalentemente compilative e, soprattutto, nel Rinascimento in cui compaiono anche le prime traduzioni ad opera di Mattia Palmerio, Lorenzo Valla, Matteo Maria Boiardo e quella, altrettanto significativa, di Henri Estienne.

Nel 1502 fu editata, a stampa, l'edizione delle Storie di Erodoto di cui è conservato pure il codice di riferimento per la produzione, il Norimbergensis V.

Ma di Erodoto non si è mai smesso di parlare e le prime edizioni critiche risalgono al XVII secolo e la suddivisione in capitoli odierna risale, infatti, proprio a quel periodo.

Asti, lì 15/02/2023

Prof.Dr. Ivo Mandarino         

   

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