Primi cenni riguardanti la nascita della Filosofia: contesto e prima tematizzazione delle domande


Prof. Ivo Mandarino


Prof. Ivo Mandarino

Primi cenni riguardanti la nascita della Filosofia: contesto e prime domande

Oggi incominciamo la trattazione inerente la nascita della filosofia.

A rigore si potrebbe, naturalmente, affermare ch'essa nasca con l'uomo stesso poiché le domande sono tutte a sfondo esistenziale circa la condizione dell'uomo su questa Terra, come già si è detto in un precedente contributo, e circa la rappresentazione e la percezione che ci possiamo fare di questo mondo, in modo relativamente oggettivo, circa la sua struttura e la sua organizzazione.

Inoltre, ciò che preme mettere in luce di più, ed è ciò che fa essere, in un certo qual modo, tutti gli uomini filosofi, è il fatto che ci si interroghi sull'oltre-vita, sull'oltretomba per capire se, tutto, si concluda nel nulla, oppure se ogni cosa e, soprattutto gli uomini, siano destinati a vivere in un'altra dimensione ed esistenza.

Si cerca cioè di capire se vi sia un senso alla vita o se si spalanchino, al momento della morte corporale, le porte verso il nulla e l'ignoto, oppure si possa aspirare, come ci suggeriscono poi anche le varie religioni presenti sul pianeta ad una vita in un'altra dimensione con altre caratteristiche.

Prima di arrivare al nocciolo della questione che si vuole qui argomentare, solo ancora una piccola precisazione: dimostrare che Dio (una divinità, un essere superiore con determinati attributi e caratteristiche) esista, porta solo a poterlo fare con un atto di fede se ci si basa solo sulla ragione, per quanto appaia paradossale ciò: infatti, tanto l'ateo, quanto il credente di qualunque religione, potranno sempre portare - a loro supporto strettamente logico - tutta una serie di prove e dimostrazioni (e vedremo, nel corso della storia della filosofia quante ce ne siano state) sia su un versante, quanto sull'altro, pervenendo - lo si dice qui per sommi capi - ma la cosa va argomentata di più e meglio attraverso i circa 2500 di riflessione filosofica, a confutare l'uno le tesi dell'altro; ed anche il voler ridurre tutto alla lucida analisi della... pura ragione, altro non fa che alimentare la discussione ed il confronto, con probabile arroccamento delle rispettive posizioni, da parte di un ateo e di un credente.

Spesso si pensa che la pura ragione possa essere una valida e corretta metodologia per poter confutare l'esistenza di Dio ma, in verità, non è così. E' vero che, talvolta, il mettere l'argomentazione sotto le lenti della pura ragione, della speculazione filosofica, potrebbe far pervenire a risultati di carattere negazionista circa l'esistenza, se non del Dio delle religioni storiche (cioè rivelatesi), proprio di un'entità che tutto osserva e coordina, ma ciò non è affatto automatico, anzi! Abbiamo avuto, ed abbiamo, infatti fior di pensatori che si definiscono gli uni atei, gli altri credenti.

Pertanto, dobbiamo, almeno - per ora - accantonare questo discorso ed accontentarci del fatto che vi siano persone che utilizzano la logica stringata ed il suo metodo per pervenire a risultati che sono diametralmente opposti.

Dopo due millenni e mezzo circa di domande, ragionamenti, supposizioni, dimostrazioni, confutazioni, ecco che le domande che ci poniamo sono ancora, e sempre, quelle.

Con la pura ragione, in modo raffinato e coinvolgente verso una direzione o l'altra, si perviene a ciò a cui interiormente ci si sente maggiormente legati, portati, verso ciò che più sembra essere in sintonia con il nostro modo di vedere le cose del mondo e dei fini ultimi.

In effetti, con la filosofia si cerca proprio di indirizzare la propria ricerca verso la scoperta delle cause ultime e dei principi primi di cui sono costituite tutte le cose; si indaga sulla loro essenza e sulla loro possibilità e modalità d'esser in un modo, appunto, e non in un altro.

Dunque, spostando ancora per un momento l'obiettivo sul fatto di credere o meno in una entità superiore, c'è da aggiungere che esso è fatto talmente personale e razionalmente indimostrabile (come abbiamo già affermato e come avremo modo di articolare meglio, in una serie di puntate) evidentemente, da diventare fatto (ed atto) di fede!

Ora, se per un credente la fede fa parte del bagaglio che si porta dietro, per un ateo potrebbe divenire questione "frustrante", nel senso che - messe così le cose - dovrebbe ammettere che, sul terreno della razionalità, ovvero della pura ragione, pari sono le difficoltà che incontra rispetto ad un credente (che voglia dimostrare razionalmente l'esistenza di Dio) e, quindi, come il credente deve ricorrere alla fede.

Il fatto è che il credente ha già messo in conto che deve affidarsi alla fede, ma l'ateo trova "fastidioso" perlomeno il dover formulare - per fede - delle affermazioni che reputa essere di stretta e rigorosa pertinenza logica. Nei fatti è così, però, ed allora potremo dire che l'ateo, razionalista per eccellenza, farà riferimento a quelle ipotesi che reputa essere più plausibili.

Ma ciò vale, ovviamente, anche per il credente. E... dunque? E dunque, questa prima parte si chiude con una sorta di... pari e patta!

Per semplificare, ma non per banalizzare certamente, e nel massimo rispetto di tutte le posizioni assunte, allora potremo dire che ciascuno porterà le proprie dimostrazioni a supporto della propria idea e ciascuno, sull'argomento, si farà la propria di idea.

Effettivamente, l'argomentazione, così impostata pare proprio andare incontro alle impostazioni ed alle credenze, opinioni, congetture, elucubrazioni di tutti: dire che l'ateo, da una parte ed il credente, dall'altra, facevano atto di fiducia uno nel... nulla, nel caos, nell'indeterminato e l'altro in un disegno intelligente, in un'entità superiore, in un tutto organizzato, potevano apparire come due posizioni verso cui si fosse esercitata un'eccessiva schematizzazione che avrebbe potuto indisporre qualcuno nella prosecuzione del dialogo e del confronto che deve essere, invece, e questo proprio la filosofia ce lo insegna, occasione di arricchimento.

Anche all'interno dei due opposti... schieramenti le posizioni sono molto fluide, liquide come si suol dire oggi, poiché - e ne spiegheremo bene le opportune differenze - vi sono credenti che si "ritrovano" all'interno di religioni che sono altrettante chiese "storiche", rivelate sulla Terra (Cristianesimo, Ebraismo, Islam,...) al cui interno vi sono ulteriori, quanto talvolta sottili o sostanziali diversificazioni, differenziazioni più di forma o maggiormente di sostanza. Il Cristianesimo si divide, ad esempio in Cattolicesimo, Protestantesimo (ulteriormente suddiviso in Battisti, Metodisti,...) e Chiesa Ortodossa.

Ma tra gli stessi credenti vi sono poi differenze in merito al fatto che si dia valore ed importanza magari più all'aspetto razionale che non fideistico puro, per quanto la religione sia - in sé - proprio per le intrinseche caratteristiche proprie, atto di fede: ed allora abbiamo anche i credenti razionalisti come i teisti ed i deisti (di cui si dirà, ma non ora, però...) e poi abbiamo anche, oltre agli atei, gli agnostici, ovvero coloro che, in nome del lume della ragione, in ciò come gli atei, metodologicamente; non sanno se credere o no, a differenza di atei e credenti che, nelle rispettive posizioni sembrano essere certi della loro scelta, ed ecco, allora, che gli agnostici si pongono domande scrupolosamente profonde ma, al momento, intendono sospendere il giudizio circa l'esistenza di un possibile Dio e, conseguentemente, dell'esistenza dell'anima la cui condotta sarà esaminata dal Dio stesso, all'atto della morte corporale. 

Circa l'esistenza di un Dio ecco che ciò fa scaturire tutta una serie, davvero gravida di conseguenze, a livello etico. A seconda che esista o meno, ovviamente, si crede in punizioni che vanno al di là dell'ambito puramente terreno e ci si affida e si fa riferimento a norme etiche che tengano conto della sola punizione qui o, anche, ed in differente forma, nell'al di là.

Credenti (divisi in varie denominazioni e Chiese o anche deisti e teisti), atei ed agnostici, questo il quadro generale con tante diversificazioni interne e con tante domande che pungolano la ricerca filosofica dal punto di vista teologico puro (esistenza di Dio), gnostico (conoscitivo) ed etico morale.       

Tanto, c'è subito da dire, tutte queste domande non hanno trovato risposta ma "solo" (si fa per dire!) ampia argomentazione per circa due millenni e mezzo e tali rimarranno fino alla fine dei tempi per l'indimostrabilità oggettiva del Principio Primo e dei Suoi attributi, tanto per usare termini cari e specifici ai vari filosofi.

Giova, altresì, ricordare che in nome di queste idee, supposizioni, ragionamenti, si sono dati vita ai più disparati momenti storici e movimenti e manifestazioni storico-culturali e, pertanto, anche l'antropologia, l'arte, nel nome plastico della rappresentazione materiale di questa idee ci hanno consegnato un ampio bagaglio culturale.

Ma anche questo è ancora un altro discorso e conviene trattare per fasi e per argomentazioni, quanto si va ad argomentare, con ordine e sequenza.

Interessante è piuttosto vedere quali sono queste domande, da quale contesto scaturiscano, come vengono formulate e quali risposte siano state fornite e come lo sono state.

Il problema che ora si vuole evidenziare allora parte da una ben precisa domanda: quando e dove nasce la filosofia e con quali presupposti? Su quali basi si fonda? Metodologicamente come si sviluppa?

Cosa c'era, se c'era, prima della filosofia intesa in senso proprio?

Posto che, in effetti, le domande prossime della filosofia sono stati altrettanti interrogativi che gli uomini si sono sempre posti, ecco che - un momento - in cui la filosofia non era ancora considerata tale ma vi era qualcosa che la... "sostituiva", c'è effettivamente stato.

L'etimo stesso della parola "Filosofia", in Greco, ci riporta a quello che è il suo oggetto di studio e la sua peculiarità.

In Greco "filòs", infatti vuol dire "amico" e "sofia" è il sapere, la sapienza. Dunque, "amore per il sapere". E il filosofo è il sapiente, allora.

Un amore sincero, autentico, disinteressato che viene mosso dallo stupore, dalla meraviglia, dalle domande, dal gusto del sapere per il sapere, dal sapere sempre di più e sempre maggiormente in profondità, fino alle cause ultime (o prime!).

Infatti, andando a "scartabellare" tra le opere pervenuteci dei vari filosofi troviamo affermazioni come: "E' proprio del filosofo questo che tu provi, di essere pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il filosofare che questo" (Platone 428 a.C. - 347 a.C).

Ed ancora, sempre sullo stesso motivo: "Chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere... cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica" (Aristotele 384 a.C. - 322 a.C.).

Ed il primo che affermò, appunto, che è importante prendere atto di sapere... di non sapere, dicendo esplicitamente "So di non sapere" fu Socrate (469 a.C. - 399 a.C.), il maestro di Platone (428 a.C. - 347 a.C.), a sua volta maestro di Aristotele, 384 a.C. - 322 a.C. (a sua volta maestro di Alessandro Magno).

Socrate disse anche: "Conosci te stesso", "nosce te ipsum", poiché ogni attività di ricerca sul mondo e sui suoi fini e mezzi deve partire da una preventiva ricerca di comprendere pienamente se stessi, innanzitutto.

Ed in quest'ottica allora una magnifica definizione di "filosofo" è quella che ne diede Pitagora secondo cui: "Filosofo è colui che osserva in modo disinteressato lo scorrere della vita".

In epoca relativamente più recente alla nostra una magnifica e profonda definizione di filosofia fu quella che venne data da Renée Descartes (Cartesio 1596 d.C. - 1650 d.C.) che disse: "La filosofia è come un albero, le cui radici sono la metafisica, il tronco è la fisica, i rami che spuntano dal tronco sono tutte le altre scienze, cioè la medicina, la meccanica e la morale"

E, Diderot (1713 d.C. - 1784 d.C.), affermò: "Filosofare è dare la ragione delle cose o per lo meno cercarla"

Ciò detto e ciò premesso rimane pur tuttavia, da definire che cosa ci fosse, almeno da un punto di vista della ripartizione storica, per nostra comodità d'indagine, prima della filosofia. Considerato che le domande c'erano comunque, poiché ovviamente c'erano le persone che se le ponevano, ecco che storicamente si era nel periodo del MITO. S

Siamo in Grecia, in quel territorio ellenico in cui tutto diveniva occasione di cultura ed in un'epoca che presenta tutte le caratteristiche per facilitare la nascita della speculazione filosofica, all'interno di un tessuto culturale che privilegiava lo sforzo culturale ed intellettuale e si interrogava sul principio delle cose e poneva la prima distinzione tra la materia ed un principio intelligente, razionale, organizzatore e vera spinta del mondo.

Da questo contesto e da questa situazione ripartiremo la prossima volta. Storicamente siamo tra il V ed il IV secolo a.C. 

Grazie per la vostra cortese attenzione, alla prossima puntata!

A presto, arrivederci! 

Prof. Ivo Mandarino  

                   

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