Estratto poesie (e brevi testi in prosa) dal mio libro: "Dal nulla al tutto: questioni di vita... e di morte. I rifugi dell'anima. Poesie o per meglio dire... i dodici deliri" Edizioni Riflesso, Asti, 2005, II parte

 

Due immagini del Prof Dr Ivo Mandarino 





Estratto mie poesie e brevi brani in prosa tratto dal summenzionato testo "Dal nulla al tutto: questioni di vita... e di morte..."


Il trionfo della morte

Avvertii, improvvisamente, sopra di me un'oscura presenza: sentii un rumore via, via sempre più nitido di pale d'elicottero che incombevano con il loro carico di morte.

Ad un tratto fui avvolto da un'ombra.

Poi, improvviso, un rumore che si mescolò al precedente in una miscela assordante: mitragliette di elicotteri anticarro erano entrate in azione.

Nel trambusto caddi, sentii una fitta al ginocchio, provai un dolore indicibile al naso.

Mi rialzai per scappare ancora, senza una meta, mentre tutt'intorno velivoli a bassa quota e carri striscianti si azzannavano senza posa.

Fui in breve inondato di polvere mentre con una mano suturavo il naso che sanguinava copiosamente.

Tossii più volte, quasi soffocato dalla polvere.

Ecco, ancora, terribile una raffica di mitraglietta a pochi metri da me!

Ed ancora colpi di cannoni contrapposti in macabri duelli.

Alcuni carri armati, completamente sconquassati, vennero subito lì a morire.

Un elicottero, centrato in pieno, terminò il suo tragico volo schiantandosi a terra: ne uscirono, in un fragore di lamiere contorte, fumo greve ed alte fiamme.

Fiamme di morte!

Altri carri, nella loro lenta marcia, nel loro caracollante incedere, fecero presto la fine dei loro consimili che solo li avevano preceduti nel destino mortale.

Poi più nulla: solo il lento, quasi annoiato ed ormai lontano rumore di pale rotanti e sporadici colpi di cannone e mitragliette.

Li vidi: li vidi allontanarsi come neri uccelli di morte.

Intontito mi guardai intorno: solo macerie e carcasse di carri fumanti in un cimitero di uomini e di ferraglia.

Un leggero vento si alzò mentre l'imbrunire incombeva sull'infernale paesaggio.

Un paesaggio di morte, scarno, desertico.

Ero solo, stanco, impaurito e sanguinante.

Sentii venirmi meno le forze: tutto, intorno, incominciò a roteare vorticosamente, sempre più forte, sempre più forte, sempre più forte!

Ora immagini amiche ed ostili, recenti e passate si alternavano davanti ai miei occhi, dinanzi alla mia mente.

Ma perché tutto girava così vorticosamente?

Poi... più nulla: le tenebre!

Mi risvegliai ch'era ancora buio: solo la fioca luce della luna, come lampione vittoriano, rischiarava un po' la zona.

Mi doleva la testa, ancor più il ginocchio, però il naso non mi sanguinava più ed era già tanto.

Ma tutt'intorno non v'era più nulla di vivo: solo freddi cadaveri mi circondavano, resti di ferraglia fumante, un paesaggio straordinariamente desolato mi avvolse, mi prese, ne fui travolto quasi violentemente.

Io solo, là... unico, misero puntino vivente circondato dalla morte.

La morte! Già... che buffo! Era presente la morte!

La morte... era! La vita non era più!

La vita - mi ripetei - non era!

Ormai tutto era morto. Tutto era morte.

Tutto era... la morte!

Già...

Io... vivo? Vivo? Ero... dunque... vivo?

Ma come... ma se la morte aveva trionfato!

Anche su di me.



Speranza è giunta

Fu così che lo spirto mio

si spinse tosto oltre il limitare.

E non m'accorsi quant'era duro

il trepido aspettare.

Attesi il dì che sovviene

a risolvere ogni speme

per chi non s'arrende

e sa esser dimentico

dell'umano presente.

E mi fermai a ringraziare

la bontà del Divin Creatore

che mi sostenne a pazientare

l'umano nostro errore.



Che cosa dunque ancora 

Che cosa dunque ancora

lo spirto mio s'attende 

poiché s'avvede

dell'umana caducità

e che nulla è felicità?

Che cosa dunque ancora

lo spirto mio s'attende

quand'anche si difende

da ciò di cui s'avvede

e che cosa spera

se in ciò che all'umana speme sottende

non più v'era

ormai da tempo

prece accorata

che si facesse cuore redento?



Non più...

Passeggiavo un giorno, stancamente, come sempre assorto nei miei pensieri, quand'ecco vidi in lontananza su di una panca una sembianza d'uomo che mi faceva ampi cenni d'avvicinarmi.

Affrettai il passo, con un senso d'angoscia opprimente che quasi mi soffocava.

M'infastidiva - non sapevo allora perché, il tipo - pur tuttavia lo raggiunsi come guidato da un oscuro comando.

Lui nel frattempo, se ne stava là seduto come prima con lo sguardo rivolto verso il basso, intabarrato nel suo pastrano come a proteggersi dalle folate di aria gelida che si facevano sempre più insistenti e fastidiose.

Finalmente lo raggiunsi, mi strinsi anch'io nel mio tabarro per proteggermi dal freddo: lo osservai bene.

Era un barbone, dall'età indefinita, sporco, con lo sguardo vivo ma malinconico, sofferente.

I suoi occhi brillarono di un'intelligenza pronta, saettavano qua e là; poi mi sorrise con i suoi denti rotti e gialli e con voce flebile prima, poi sempre più solenne, accompagnata da gestualità ritmata mi disse:

"Non più...

Uscito che fui dal consorzio umano

me ne stetti solo

ben distante.

Più non vi feci ritorno...

Non più...

Tutti a declamar 

le proprie virtù 

a pianger le meschinità altrui.

Non più...

Uscito che fui dal consorzio umano

me ne stetti solo

ben distante.

Più non vi feci ritorno...

Non più...

Tutti probi, retti e giusti

tutti vittime delle altrui fauci.

Non più...

Uscito che fui dal consorzio umano me ne stetti solo

ben distante.

Più non vi feci ritorno...

Tutti belli, onesti e saggi

a pianger mesti

all'ombra di faggi

degli altrui le malefatte

componendo casti testi

rendendo al Creator i giusti omaggi.

Non più...

Uscito che fui dal consorzio umano

me ne stetti per un po'

ben lontano.

Poi, non mi sovvien in qual guisa

giunser a me l'imprecazioni e le grida...

Non so perché, non so come

mi lanciai subito per ogni dove

là v'era il mondo

m'affrettai,

il tempo perso recuperato

il nostro prossimo avrei aiutato.

Fino a quando

proprio colui

che inconsolabile piangeva

a lamentarsi delle altrui meschinità

d'improvviso

con un ghigno beffardo mi guardò

e

mostrando nella destra l'acuminata lama

ch'ei teneva

con un impeto di ferina brutalità

con cotanta rabbia, il folle, mi colpì.

Non più...

Uscito che fui dal consorzio umano me ne ero stato ben distante.

Ero stato...

Ero stato...

Non più...

E sentii la vita che migrava

e mi osservai

là, a terra, ormai esanime

con gli occhi sbarrati"

Dette queste cose il tizio subito disparve.



Senza titolo (volutamente!) 

Credo in Colui che E'...

non mi sovviene ora in mente il consimile mio

Egli solo mi dà ragion d'ogni perché...

mentre spesso mi è ostile

colui che prio

Ei mi disse d'amar

e senza posa perdonar

e tal da colui esser, con cotanto Amor,

abbracciato.


Prof. Ivo Mandarino 

  

P.S.: Spero che anche i qui presenti miei umili lavori, parte in poesia, parte in prosa possano piacervi, esattamente come lo è stato ( e ve ne ringrazio!) per quelli pubblicati - dallo stesso mio testo - nel post precedente.

Vi ricordo che potrete sentirli anche letti da me, sul mio canale YouTube, su cui spero vogliate far convogliare la vostra cortese attenzione anche per sentire tanti altri video-tutorial, riguardanti soprattutto tematiche filosofiche (e le scienze sociali), ma non solo...

Grazie, se vorrete iscrivervi al canale e lasciare un like.

Grazie, in ogni caso, per la vostra cortesia ed il vostro interesse.  

I.M.

      


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