La meraviglia della Filosofia, secondo gli antichi pensatori ed il Principio Primo e le Sue caratteristiche secondo Sant'Agostino

                                            

                                                         PROF.DR IVO MANDARINO 


                                                     Prof. Dr. Ivo Mandarino 



   La meraviglia della Filosofia

Più ancora che un modo di vita o un sistema o un'ideologia, la Filosofia è piuttosto un atteggiamento per porsi di fronte alle questioni che incrociamo già per il solo fatto di esistere.

Dire Filosofare vuol dire "vivere": tanto più si filosofa nel modo più corretto che ci consente di interagire con i fatti e di scoprirne le intime essenze, le cause prime e gli scopi ultimi, tanto più raggiungiamo il livello più vicino a quella tensione verso la perfezione cui dovremmo sempre spingerci, ben sapendo che non lo raggiungeremo mai.

Questa tensione verso la perfezione, verso la finitudine ci veniva già consigliata da Sant'Agostino che ci ammoniva, però, sul fatto che non riusciremo mai a raggiungerla, eppure ci esortava a tentare di perseguirla.

Tendere alla perfezione, almeno nella visione agostiniana, voleva significare tendere al Principio Primo, a quell'Uno da cui tutte le altre cose, materiali ed immateriali, visibili ed invisibili, concettuali o concrete discendono.

E non è solo il Principio Primo da cui tutto trae origine come scintilla che sprigiona il movimento (come la causa efficiente di Aristotele), tale per cui ogni cosa (ed ogni fatto) si sviluppa, si mette in movimento e si concatena agli altri.

Si tratta, invece, di quel Principio Primo che è sì origine di tutto ma non come il Primo motore immobile di Aristotele, bensì come Principio Filosofico che è sì Sommo Bene, Sommo Amore, ma anche Somma Conoscenza, Somma Razionalità con tutti gli attributi della perfezione e della perfettibilità non terrena, corporea, materiale, immanente ma trascendente, metafisica, spirituale.

E' dunque Sommo Bene, Sommo Amore, Somma Virtù ed è Principio attivo, vitale, con tutte le Sue caratteristiche ed i Suoi attributi.  

Ad Esso si può certamente giungere per fede ma si può pure giungere attraverso il ragionamento, attraverso la Filosofia.

Sappiamo inoltre che è l'unico Ente che si sottrae dalle coordinate spazio-temporali (che ha creato ma a cui non è soggetto e non è sottoposto poiché altrimenti sarebbe caduco e perituro e sarebbe destinato al deterioramento ed alla morte per corruzione e consunzione fisica).

Al riguardo del tempo da Lui creato ma Lui stesso ingenerato e non creato ed esistente da sempre e per sempre, colui che Sant'Agostino definirà come: "Colui che era, è, e sempre sarà" e che, dunque, ha tutte le caratteristiche, per noi misteriose e non comprensibili, per la nostra stessa natura umana, della massima perfezione, al riguardo del tempo, si diceva, ecco come veniva definito dallo stesso Sant'Agostino: "Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell'anima. Il passato non esiste in quanto non è più, il futuro non esiste in quanto deve ancora essere, e il presente è solo un istante inesistente di separazione tra passato e futuro"

Tutta questa ampia considerazione lascia peraltro un segno tangibile sul fatto che ragionando per singole porzioni di tempo, tra ciò che era, è e sarà, in riferimento alle altre due coordinate, ciascuna di esse non esiste o non può essere ancora considerata.

Un problema, logico, non indifferente. Parimenti si può dire per le coordinate spaziali, da Lui codificate e dentro le quali viviamo la nostra esistenza terrena ma che non hanno valore specifico nell'al di là.

Questo è l'esempio plastico, tangibile, di come si possa identificare l'Uno filosofico con il Dio della Religione, come dirà Pascal del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Entriamo in un campo esplorato dalla Filosofia e dalla Teologia che, in questo caso, convergono e coincidono.

Certo, a seconda delle idee ciascun filosofo perverrà a delle conclusioni, più o meno terrene o più o meno trascendenti, a seconda di quelli che sono i suoi punti di riferimento valoriali.

Dipende certamente anche dall'epoca in cui vive e dal clima culturale che respira.

In verità, siamo giunti a questo punto, partendo proprio dal fatto che "fare filosofia" ed "essere filosofi", significa proprio provare quel senso di stupore e di meraviglia, nei riguardi degli aspetti terreni e metafisici, degni di indagine e di scoperta come potrebbe provarli un bambino di fronte alle cose di cui viene a conoscenza per la prima volta.

Il senso della scoperta e della meraviglia sono elementi caratteristici del filosofo che non si ferma alle pure apparenze ma vuole andare sempre più in profondità per scoprire connessioni, cause, concause, in una parola "arrivare" ai principi primi ed alle cause ultime che implementano ogni fatto, materiale od immateriale, concreto o spirituale.

Alcune frasi, che ho ripreso anche in un mio video tutorial su YouTube, tra le tante che avrei benissimo potuto scegliere, ci danno l'idea di chi sia il filosofo, di come si comporti, di quale atteggiamento conoscitivo assuma, di che cosa sia la filosofia e di che cosa essa, di fatto, si occupi.

Dando per assodato che Pitagora fu tra i primi che diede la definizione di Filosofia, ecco cosa afferma circa colui che è filosofo (ovverossia amante del sapere): "Filosofo è colui che osserva in modo disinteressato lo scorrere della vita"

Ciò non vuol dire che si disinteressa del senso della vita, anzi, vuol dire che si concentra su ciò che davvero è fondamentale e si disinteressa di tutto ciò che non lo è. 

Incentra la sua attenzione su ciò che lo porta a conoscere i fondamenti ultimi e non si interessa di ciò che non è essenziale.

In un'altra circostanza, ecco invece che Platone ci parla di quel senso immane di stupore e di meraviglia: "E' proprio del filosofo questo che tu provi, di essere pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il filosofare che questo"

Ecco la parola chiave: meraviglia! A cui noi possiamo associare quella di... stupore! 

Ed ancora Aristotele quando afferma: "Chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere... cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica"

Più esplicito di così, non potrebbe davvero essere: filosofare per conseguire l'unico obiettivo di conoscere per conoscere; l'unica "ambizione" disinteressata è il sapere per il sapere e nessuna utilità pratica deve essere associata alla ricerca che non si pone alcun obiettivo di questo tipo pratico o remunerativo di vario genere.

Già si partiva con il disinteresse nei riguardi di ciò che è troppo pratico, materiale, superficiale con Socrate che, infatti, ammoniva - intanto - di indagare e di "trovare" sé stessi con il suo "nosce te ipsum" "conosci te stesso" ed esortava ad indagare per il resto della propria vita, sino all'ultimo respiro, proprio come fece egli che analizzò - con i suoi allievi - il senso della vita, pochi istanti prima che la pozione lo conducesse alla morte.

E se di indagine filosofica si deve parlare, allora tanto vale citare il... sempre valido e saggio Seneca, il quale asserisce convintamente che: "La filosofia non respinge nessuno e non fa speciali scelte: splende per tutti"

Grazie per l'attenzione, arrivederci alla prossima puntata.

Prof. Ivo Mandarino                        

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