Al di là dell'intercultura (by Prof. Dr. Ivo Mandarino)

                                                        Al di là dell'intercultura


                                Il Prof. Ivo Mandarino in due diverse immagini di alcuni anni fa




Buongiorno a tutti!

 Il titolo che utilizzo in questa circostanza è lo stesso che utilizzai nel mio testo Riflessioni antropopedagogiche...una scuola si interroga" realizzato con la Dott.ssa Mosele (coautrice), allora dirigente del IV Circolo Didattico di Asti (con la compartecipazione dei docenti della stessa Istituzione Scolastica che diedero la loro disponibilità ed il loro contributo concettuale), Riflesso Editore, Asti.

Il paragrafo che sto citando è 1.1. del predetto libro e si trova alle pp. 19 - 20 - 21.

Si tenga conto che il libro fu pubblicato nel 2006 (ben 19 anni fa!) e che pertanto alcune questioni potrebbero essere cambiate, nel frattempo, sotto il profilo sociale, culturale, scolastico, pedagogico e persino politico. Detto ciò, desidero presentarvi quel che allora ebbi modo di scrivere.

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Così scrivevo, dunque, a quel tempo:"Al di là dell'intercultura ed al di là di tutte le pur pregevoli iniziative di Istituzioni Scolastiche, pareri degli esperti (tra l'altro molto autorevoli!), dibattiti al proposito, ci vogliamo illudere - utopisticamente, magari - che, anziché sperare di sensibilizzare in merito al discorso sull'intercultura, tra un po' non se ne parli neppure più.

Per non parlarne più, però, ci rendiamo perfettamente conto che, ora, in questo preciso istante, ci dovremmo trovare nella condizione in cui, in modo completo, sia socialmente, sia pedagogicamente si è realizzato quel che l'intercultura si proponeva.

Ed invece ci sembra che si sia ancora molto in alto mare e che, in tutta onestà, spesso si navighi in acque agitatissime e perigliose.

Tuttavia, se tutto fosse andato (e se andrà...) secondo le aspettative, potremo un giorno considerare il discorso legato a tematiche quali pedagogia delle differenze, intercultura, multiculturalità,... come un discorso storico ed inattuale, valido esclusivamente per le nostre conoscenze culturali. Ma come?

In che senso? Perché? Innanzitutto perché il multiculturalismo "è un assunto che si basa quantomeno su un doppio errore: che un individuo sia per così dire completamente o ampiamente sovradeterminato da una cultura, e che le nostre società fossero (o che le società in generale possano mai essere) monoculturali prima dell'arrivo dei migranti" (Zoletto, 2002, p.8). E qui si cade nel concetto del "meticciato".

Ed ancora:"Il mito del multiculturalismo finisce allora per essere una riproposizione, in chiave non conflittuale, della diversità culturale, e finisce per porre ancora una volta l'accento sulla differenza piuttosto che sul fatto che ogni cultura è già di per sè multiculturale" (Aime, op. cit., p.24).

In effetti, il multiculturalismo che sembra essere fenomeno esclusivo dei nostri giorni (e sotto certi aspetti certamente lo è, ma sotto altri è un fenomeno ben noto nel corso dei tempi e, soprattutto, nella nostra penisola) ci porta ad affrontare quel discorso che, se vogliamo essere intelletualmente onesti, dobbiamo fare: il...meticciato!

Il "meticciato" di cui parla lo psichiatra Alessandro Meluzzi, in più circostanze e che non manca, peraltro giustamente, di esternare anche durante le sue frequenti apparizioni televisive, avvalora quel che ci dice Aime in merito ad una ricerca effettuata nel quartiere San Salvario in occasione di un progetto sull'intercultura:"In una scuola materna del quartiere, frequentata da molti bambini maghrebini, le maestre hanno deciso un giorno di preparare il couscous. Hanno cercato la ricetta 'originale' per cucinarlo secondo la tradizione. I bambini erano contenti. Poi una maestra ha chiesto a un piccolo marocchino:

- Ti piace?

- Sì!

- E' come quello che fa la tua mamma?

- Quello di mia mamma è più buono perché mette uno strato di couscous e uno di tortellini, uno di couscous..." (Aime, op. cit., p.136)

Invece, in molte iniziative, tenute nelle scuole la cosiddetta intercultura si riduce spesso alla mera lettura di fiabe provenienti da diverse parti del mondo (cfr. Aime, op. cit, p.60).

"Iniziativa lodevole, ma spesso le fiabe proposte vengono tratte da libri in cui i racconti tradizionali sono stati pesantemente riadattati per farli assomigliare il più possibile alle nostre fiabe - non quelle popolari, bensì quelle della tradizione borghese alla Andersen.

Si finisce per avere racconti 'africani' nei quali al lupo si sostituisce un leone e al bosco la foresta.

Presi da eccessi di buonismo, si rischia poi di sconfinare in una sorta di ecumenismo che per allontanare i primi accenni di razzismo dei ragazzi porta a dire: 'Siamo tutti uguali'.

In questo modo si legittima l'altro solo perché è uguale a noi, non perché è diverso e come tale va rispettato" (Ibidem, p.61).

In tal senso sembrerebbe aver ragione Sartori quando, in luogo di multiculturalismo o di intercultura propone il concetto di pluralismo, che "è tenuto a rispettare una molteplicità culturale, non a fabbricarla" (Sartori, 2000, p.29)

Una scuola fondata sul pluralismo è una scuola che valorizza le differenze, costruendo percorsi personalizzati per ogni alunno, ovvero una scuola che si adatta ai ragazzi e non costringe i ragazzi ad adattarsi alla scuola.

Se, invece, si parte dal presupposto che i ragazzi sono tutti uguali si veicolano programmi uguali in rapporto ad un ipotetico alunno medio che non esiste.

In tale contesto certamente lo straniero sarà diverso, ma lo sarà anche colui che ha capacità diverse dalle aspettative culturali della scuola, diverso sarà il disabile, l'italiano che professa una religione diversa dalla religione cattolica...

In realtà gli alunni sono tutti diversi e, a partire da tale diversità, dovranno essere costruiti percorsi formativi differenziati che valorizzino le potenzialità di tutti in una logica che considera le differenze preziose risorse culturali ed educative. Parafrasando Don Milani si può dire:"Fare le differenze per scrivere l'uguaglianza", affinché le differenze non si trasformino in disuguaglianze sociali.

Se tale è il costrutto teorico di riferimento l'atteggiamento degli educatori sarà improntato all'interazione positiva in tal senso nell'ordinaria prassi didattica, per cui l'alunno straniero è un alunno diverso come tutti gli altri sono diversi per altre ragioni.

Di conseguenza non sarà più necessario programmare momenti da dedicare all'intercultura, nell'accezione di cui sopra.

Per cui, pur comprendendo la necessità, da parte della scuola di base, di un primo concreto approccio al fenomeno del pluralismo culturale con le iniziative interculturali suddette, si ritiene fondamentale, per le argomentazioni che si stanno sviluppando, fortemente connotate da ragioni interdisciplinari (pedagogia e antropologia, ma anche psicologia, sociologia, filosofia), operare una riflessione sul "modus operandi2 metodologico - didattico.

Tale riflessione dovrà necessariamente prendere le mosse da una breve dissertazione sulla tematica relativa all'uguaglianza e alla diversità."

Breve bibliografia relativa al solo paragrafo citato in questo post

Aime M., 2004, Eccessi di culture, Torino, Einaudi

Sartori G., 2000, Pluralismo, multiculturalismo e estranei. Saggio sulla società multietnica, Milano, Rizzoli

Zoletto D., 2002, Gli equivoci del multiculturalismo, in ''aut - aut'', n. 132. 

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Così scrivevo e riportavo il pensiero di insigni studiosi (ben più di me!), ormai quasi vent'anni fa, in questo mio paragrafo 1.1. del testo che pubblicai in collaborazione come sopra ricordato.

Quanto vi fosse valido, oppure no, a livello teorico e pratico ciascuno lo può verificare personalmente. Di fatto, noi credemmo (e crediamo!) molto in ciò che dicemmo e facemmo! 

Grazie, un caro saluto a tutti! Arrivederci a presto!

Prof. Dr. Ivo Mandarino               

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