Architettura simbolica - autonoma (da mia ricerca universitaria; da mio saggio in mio "Tavola rotonda...") (by Prof. Ivo Mandarino)

                                                  Prof. Dr. Ivo Mandarino


                                                      Prof. Dr. Ivo Mandarino


"L'arte deve utilizzare deve utilizzare dei simboli per rappresentare concretamente ciò a cui deve rimandare così come il linguaggio utilizza invece dei segni.

Inizialmente l'architettura è simbolica perché vive la sua fase di maggiore indeterminatezza per ciò che attiene da un lato il divenire dello spirito assoluto nel fenomenico che è appunto confuso ed incompiuto nelle sue manifestazioni, dall'altro invece per il modo con cui le popolazioni si rappresentano la presenza dello spirituale nel mondo che è incerto, dovuto ad un'epoca in cui tutto è ancora mescolato: Religione, Filosofia, Arte (che non è autenticamente tale ma è pre - Arte, Arte - aurorale), vita pratica,... 

E' l'epoca in cui l'uomo si rivolge ancora molte domande senza saper dare una risposta precisa, è come se non sapesse neppure puntare l'attenzione su ciò a cui eppure tende così energicamente. Ma anche lo spirito non può, dal canto suo, manifestarsi compiutamente.

E allora se tutto si presenta in questo modo è evidente che in quest'epoca gli uomini che onorano il loro Dio lo fanno servendosi ovviamente di un'architettura che sarà finalizzata a questo scopo. L'esempio che Hegel riporta in questo senso è la torre di Babele le cui notizie storiche sono da lui tratte da Erodoto.

Successivamente egli passa a presentare quelle opere architettoniche che sono a metà fra l'architettura e la scultura.

Queste rappresentazioni concrete nel loro svilupparsi non sempre riescono ad evitare l'accidentale e ciò significa che alcuni particolari sono inseriti in modo non finalizzato. Questo è il segno tangibile che lo spirituale né può manifestarsi compiutamente, né viene rappresentato dall'arte compiutamente, nè viene rappresentato dall'arte compiutamente, ma tutto è confuso in quest'epoca, perché, altrimenti come si dirà, ogni particolare tecnico nell'arte deve essere rilevante da un punto di vista filosofico nel comprovare il divenire ed il manifestarsi dello Spirito.

Egli afferma inoltre che architettura e scultura si mescolano tra di loro ma vi è prevalenza della prima sulla seconda.

Le espressioni materiali a cui si riferisce Hegel sono: le colonne falliche ove viene onorata la forza vitale riproduttrice, procreatrice; obelischi, mennoni e sfingi: i primi "...se ne stanno per sé liberi e autonomi ed hanno il significato simbolico del sole" (Hegel, op. cit., p. 721), i secondi erano figure umane che allusivamente rimandavano a qualcosa di Universale; per ultime le Sfingi, in un qualche modo dal significato simbolico più importante, come già si è detto.

Relativamente ai templi egiziani, all'inizio Hegel fa riferimento alla loro struttura architettonica e li chiama "recinti sacri egiziani". Fondamentale questa definizione perché il carattere di recinzione di un certo luogo, da un lato significa volerlo rendere sacro, delimitare un terreno per onorare il Dio e, dall'altro, delimitare un terreno per onorare il Dio e, dall'altro, delimitare quel territorio come proprio della comunità di persone che onora il Dio.

Altro elemento interessante affiora laddove Hegel paragona i templi egiziani a dei libri aperti, addirittura quelli sostituirebbero questi.

Le ultime considerazioni relative a questa parte riguardano invece il popolo egiziano: curiosa e appropriata l'immagine secondo la quale essi sono paragonati ad api che lavorano nel loro alveare: ciò, da un lato, probabilmente per mettere in evidenza la loro laboriosità e, dall'altro, il loro profondo e serissimo spirito religioso che li portava ad edificare opere in onore degli dei:"Ma le opere principali rimasero quelle costruzioni religiose che gli Egiziani edificarono istintivamente, così come le api il loro alveare" (Hegel, op. cit., p. 725).

Del popolo egiziano si potrebbe anche dire che, almeno a livello di "massa", esso si annulla per l'arte. Quasi come se lo spirito assoluto se ne fosse servito per il proprio divenire nel fenomenico per comprovare la propria presenza. Ovviamente Hegel interpreta le costruzioni egizie all'interno dello sviluppo dello spirito e vede i fatti secondo una certa ottica, non tiene in conto le implicazioni sociali ed il dramma di gran parte della popolazione che si impegna personalmente in opere mettendo a dura prova la propria esistenza.

Nella parte successiva Hegel parla di "passaggio dall'architettura autonoma a quella classica".

Il primo elemento qui da evidenziare è il termine "recinzione". Ciò vuol significare che maggiormente preponderante si fa il sentimento di cingere e delimitare con sempre maggior convinzione il perimetro del territorio del luogo in cui si onora il Dio.

Hegel parlando degli scavi effettuati a Bombay, Ellora, Alto Egitto e Nubia, infatti, dice che per la prima volta si mostra più preciso il bisogno di recinzione.

Quando egli tratta delle costruzioni sotterranee indiane ed egiziane evidenzia come sia le une quanto le altre assolvano al compito di essere luoghi di riunione, cattedrali, luoghi di culto, luoghi che favoriscono il raccoglimento dello spirito; in seguito, nella trattazione delle "abitazioni per i morti, le piramidi"(Hegel, op.cit., p.729), egli afferma che mentre gli indiani bruciavano i loro morti perché pensavano al dissolvimento del defunto ed al ritorno nel mondo degli dei e quindi puntavano interamente l'attenzione sul fattore vita, gli Egiziani sono i primi a mettere in contrapposizione ciò che è morto con ciò che è vivo.

Il lato materiale è ciò che è vivo, contrapposto allo spirituale che rappresenta ciò che è morto.

Nasce il culto dei morti. I morti rappresentano l'interno (ciò che conta spiritualmente), si professa l'immortalità dell'anima, viene separato lo spirituale, diviso dalla pura materialità architettonica che viene considerata un mero involucro rispetto al defunto che è ciò che conta nella piramide.

A mano a mano che passa il tempo assistiamo ad una fioritura sempre maggiore di piramidi che vengono perfezionate anche architettonicamente: alcune terminano in punta e ciò può essere indicativo del fatto che tali costruzioni vertono verso l'alto, verso la divinità. Hegel comunque rimarca il fatto che il significato della piramide è il defunto, l'esterno deve solo alludere simbolicamente all'interno, le piramidi "divengono dei semplici cristalli, dei gusci che racchiudono un nocciolo, uno spirito santo, e servono a conservarne durevolmente corporeità e forma" (Hegel, op. cit., p. 732).

Siamo qui nel completamente simbolico, nell'allusivo. "L'arte propriamente simbolica, il simbolismo autentico, il tipo puro del simbolizzare incosciente si ha soltanto nelle produzioni artistiche egiziane: l'Egitto non solo, come dicono Le Lezioni "costituisce il centro dell'arte simbolica, ma sembra riassumerla tutta in sé" (D'Angelo, op. cit., p. 127) e "il vero compimento storico dell'arte Egizia" (D'Angelo, op. cit., p.131).

La successiva sezione viene definita "passaggio all'architettura strumentale" (Hegel, op. cit., p. 733).

Innanzitutto qui si parla di cambiamenti architettonici rilevanti. Bisogna ricordare che tali cambiamenti per Hegel non sono casuali, accidentali ma finalizzati, motivati.

Come è già stato accennato tutto è motivato ed è la prova del manifestarsi e del divenire dello spirito, è utile ai fini filosofici mentre tutto ciò che è casuale non è rilevante da un punto di vista filosofico. Questi cambiamenti danno la possibilità ad Hegel di fare riferimento al mondo naturale, organico e tra le varie componenti "La forma organica più naturalmente appropriata per puntelli e sostegni, che devono sorreggere qualcosa, è perciò l'albero, la pianta in generale, un tronco, un gambo pieghevole, che si slancia dritto in alto" (Hegel, op. cit., p.737).

In questo caso Hegel utilizza un parallelismo con il mondo naturale, il mondo organico che pure a lui sembrava essere in grado marcatamente più basso rispetto al divenire dello Spirito ed alla stessa Arte (che sarà, è vero, pure un rifacimento di un mondo ideale a cui allude ma nel quale entra lo spirito dell'artista che plasma la materia, materia che pure è riluttante a farsi plasmare).

Anche Schelling aveva tentato un parallelismo similare. Schelling parla di similitudine con l'albero a proposito della colonna dorica ed afferma pure, in generale, che l'architettura deve rappresentare l'organico senza poterlo essere di fatto. (mio saggio, pp. 94-97).

Il paragrafo successivo riguardava l'"Architettura classica".


Bibliografia di questo paragrafo.

D'Angelo P., 1989, Simbolo e arte in Hegel, Bari

Hegel G. W. F., Estetica, edizione italiana a cura di Merker N., Milano, 1963, rist. Torino 1967


Prof. Dr. Ivo Mandarino   

        
 

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