Considerazioni sul comportamento di Galileo Galilei e la sua abiura


Prof. Ivo Mandarino

Qualche considerazione sul comportamento di Galileo Galilei

Nelle ultime due puntate si è parlato del caso "Galileo Galilei" e si è visto come al povero scienziato si sia imputato di aver tenuto un comportamento considerato ambiguo, se non dichiaratamente falso e fondamentalmente eretico. Ricordiamo anche pure come egli abbia cercato di difendersi dalle accuse ma lo abbia fatto in un modo piuttosto maldestro ed ingenuo.

Oltre a ciò, dopo che gli venne mossa la prima solenne, formale, contestazione con addebito di colpa si registrò - da parte dello scienziato - una sorta di interruzione della propria difesa nei riguardi del sistema copernicano, contrapponendolo a quello aristotelico-tolemaico.

Il fatto, dunque, già ravvisato come in "odore di eresia" si poteva considerare chiuso ed invece Galilei con la salita al soglio petrino di Urbano VIII, in luogo di Paolo VI che aveva, a suo tempo, allertato l'abile concertatore e diplomatico, il Cardinal Bellarmino, si convinse che i tempi potevano essere maturi per presentare finalmente ed in modo tranquillo l'esito delle proprie ricerche che propendevano per il sistema copernicano e consegnava alle memorie storiche quello aristotelico-tolemaico, ritenendolo desueto ed ascientifico.

Curiosa, comunque, è l'impostazione che Galileo diede alla propria opera "I dialoghi sopra i due massimi sistemi del mondo" poiché in essa non solo si prepara a mettere in soffitta il sistema aristotelico ma lo stile che adotta è quello di dileggiare un poco il Papa, di metterlo alla berlina se è vero, come è vero che lo pone nella parte di Simplicio, una persona che non si rende conto delle novità della scienza e della tecnica e, soprattutto, dell'infondatezza di un sistema nei riguardi dell'altro. Soprattutto appare essere un conservatore, poco incline al cambiamento e ad accettare le novità e le argomentazioni che adduce sono spesso formulate in modo noioso e pedante.

Le altre figure protagoniste dei Dialoghi sono invece Salviati (storicamente esistito ed amico di Galilei), persona dall'intelligenza viva, arguta, pronta ed aperta alle novità dei cambiamenti culturali e Sagredo (pure lui figura reale) che dovrebbe rappresentare la persona super partes e che, in effetti, dimostra di essere un buon arbitro nella disputa e nella contesa.

Ognuno dei personaggi rivela già le caratteristiche che Galilei conferisce loro (la parte conservatrice, quella progressista e quella moderata) e chiaro è da subito con chi Galilei si schiera.

Il dialogo va avanti per alcune giornate e mentre nella prima Galilei affronta il problema della distinzione tra mondo celeste e mondo terrestre di stampo aristotelico, affrontate anche nel Sidereus nuncius, nella seconda la tematica si fa più vasta e complessa e comprende la confutazione degli argomenti trattati con il metodo antico, come il moto della Terra (vista - aristotelicamente - ferma, immobile al centro dell'universo) in cui si evidenzia la motilità della Terra ed il fatto che non si trovi al centro dell'universo, concetto poi ribadito nei dialoghi e nelle confutazioni della terza giornata. Nella quarta, Galilei indugerà soprattutto sul movimento delle maree.

Nella seconda giornata, tra l'altro, Galilei ha modo di presentare un argomento che anticiperà sostanzialmente Einstein, ovvero quello afferente al principio della relatività galileiana che equivale a sostenere (giustamente) che non è possibile decidere, sulla base delle esperienze compiute in un sistema chiuso, se si tratti di un momento di quiete o di moto rettilineo uniforme.

Ciò che può far propendere per la prima ipotesi, se rapportato al contesto, viene dimostrato essere moto rettilineo uniforme.

Con ciò si vuol sostenere che ciò che sembra essere in stato di quiete se solo viene rapportato all'ambiente in cui si trova appare in tutta evidenza in movimento ed egli porta, a giustificazione di ciò che asserisce l'esempio della nave, all'interno della quale - per effetto del moto rettilineo uniforme - nessun oggetto che si trovi dentro la stanza della nave stessa appare in movimento poiché continua a comportarsi come se movimento non vi fosse ed in realtà è sottoposto ad un movimento uniforme e non ballonzolante.

Tale capita sulla Terra, vista da Galilei come un sistema praticamente inerziale.

I contenuti di quest'opera ed ancor più il metodo seguito lo misero, come detto, in situazione di grande criticità.

Le constatazioni teoriche portano poi ad una feconda applicazione pratica che si esercita nell'aver non solo teorizzato ma anche costruito il cannocchiale.

Non ci si dovrà aspettare da lui una nuova trattazione sistematica - a livello metodologico - come nel Novum Organum di Bacone, a livello fisico, bensì la delineazione di un metodo scientifico che sia, invece, sperimentale e quindi applicabile ai fenomeni.

I problemi per Galilei sorgono allorquando considera il sistema copernicano come verace e quello tolemaico come fallace e quando fa proferire a Simplicio asserzioni che è come se fosse il Papa ad enunciarle.

E dire che nella sua opera Il Saggiatore, Galilei aveva detto a chiare lettere che l'universo si mostra ai nostri occhi con chiarezza ed evidenza e che tocca a noi, se solo conosciamo il linguaggio matematico, a saperlo ritradurre. Dunque non vi dovrebbe essere alcun problema nel decifrare praticamente il cosmo.

Visto che il linguaggio è filosofico e che i caratteri sono quelli matematici, non vi dovrebbe essere tutta questa criticità nel leggere il grande libro dell'universo.

In realtà le cose si complicano allorquando alla Chiesa dell'epoca appare che Galilei possa mettere, in qualche modo, in difficoltà le proprie credenze stratificatesi in secoli di tradizione e di rimeditazione filosofica, in ambito scientifico di stampo aristotelico.

La classica goccia a far traboccare il vaso fu il ruolo ch'egli decise di far svolgere a Simplicio, in realtà controfigura papalina.

A questo punto, rinviato a processo dopo che aveva scampato il pericolo una prima volta, reiterando le stesse convinzioni (essendo nel merito dalla parte della ragione) ma dileggiando la figura del Papa e non potendo più avvalersi della testimonianza del Cardinal Bellarmino che tutto sapeva dell'ammonizione ufficiale e non già di alcuna sanzione ai suoi danni, ecco che Galilei altro non poté fare che ascoltare il verdetto di colpevolezza a cui rispose semplicemente con una presa d'atto e formulando le proprie più appassionate scuse ripromettendo non solo di non propendere per la teoria copernicana ma anche di non parlarne semplicemente più.

Prof. Ivo Mandarino                     

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