Pitagora ed i pitagorici/ La scuola pitagorica/Parte iniziale/Parte I

Prof. Ivo Mandarino
 

Parte I: Pitagora ed i pitagorici

Abbiamo concluso la precedente argomentazione parlando di Anassimandro e di Anassimene, ovvero trattando alcuni filosofi che rientrano nei "presocratici" (altrimenti detti "presofisti").

Con Anassimandro, soprattutto, parlando dell'infinità dei mondi che si succedono attraverso un ciclo eterno e che sono da intendersi in senso temporale (successione temporale) non sappiamo se sono da intendersi anche in contemporanea successione materiale, corporea...

Probabile che l'infinità dei mondi sia in senso temporale ed anche materiale con l'ammissione di più mondi nello stesso tempo così che si crei una sorta di cosmogonia.

Con Anassimandro, a differenza dei suoi contemporanei, il principio non era concreto ma un principio indeterminato ed infinito.

Una analoga rielaborazione concettuale, per quanto più raffinata, giunge con Pitagora e la sua Scuola.

Qualche notizia biografica: di lui sappiamo che nacque a Samo nel 571 o 570 a.C.; sappiamo anche che venne in Italia nel 532 o nel 531 a.C. e sappiamo che morì intorno al 490 a.C. Quindi sugli estremi anagrafici siamo abbastanza sicuri. In Italia inoltre, nella Magna Grecia, a Crotone fondò una scuola filosofica che fu anche un'associazione religiosa con forti interessi verso la politica, intesa come attività da studiare.

L'entrata presso questa Scuola era subordinata al rispetto di tutte le regole che la stessa si era data e, per questo, qualcuno la identificò come una setta di orientamento aristocratico.

Molti dei concetti che conosciamo di Pitagora sono da attribuirsi all'elaborazione concettuale all'interno della Scuola e non solo, o non tanto, alla rielaborazione di Pitagora stesso.

Soltanto una teoria può essergli attribuita, con sufficiente sicurezza, ovvero quella che riguarda la metempsicosi, la trasmigrazione delle anime, dopo la morte corporale presso altri corpi siano essi di animali o di uomini. Tale dottrina fu derivata da Pitagora dalle sue frequentazioni culturali in Oriente presso le cui popolazioni era piuttosto creduta. Tale teoria, lo si è già detto in precedenza, prevedeva che l'anima si reincarnasse in organismi sempre più imperfetti qualora si fosse condotta una vita dissoluta e peccaminosa o più perfetti qualora la condotta fosse stata cristallina ed irreprensibile. Il fine ultimo, da parte dell'anima, è quello di raggiungere la liberazione e la salvezza per poter entrare in una situazione di perfezione, dopo la morte.

Questa teoria, importantissima nella filosofia di Pitagora e sussunta dal mondo orientale, viene ripresa dall'orfismo (come si è già ricordato) e viene richiamata nella filosofia di Platone.

La ragione di questa credenza è di notevole importanza ed influenzerà sia la filosofia di Platone che, in parte, la dottrina cristiana successiva, almeno delle origini ed almeno nelle parti dove si crea una separazione dicotomica tra tutto ciò che è spirituale e tutto ciò che è materiale.

Il corpo viene visto come una punizione per l'anima, una vera prigione che impedisce allo spirito di poter vedere ciò che è perfetto e dove sta la perfezione. Analoga tematica verrà ripresa da Platone nel famoso Mito di Er, un soldato che - creduto morto - e caduto invece in stato di coma profondo, ha la possibilità di visitare l'al di là dove risiedono i principi primi di tutto ciò che vediamo e conosciamo nella concretezza, ma in forma di perfezione.

L'anima si trova a vagare nel mondo dell'Iperuranio e viene a conoscenza dei principi primi che contraddistinguono l'esserci nella realtà delle cose concrete che sono - di quei principi primi - delle mere riproduzioni imperfette.

Vedremo come argomenterà la questione Platone ma, per intanto, c'è da ricordare che per Pitagora e la Scuola pitagorica l'unico modo per poter "pulire" l'anima della sua colpa originaria che la rinchiude dentro un corpo fisico, tanto più basso ed imperfetto quanto più è stata la sua condotta di vita nell'esistenza precedente, è la filosofia, contraddistinta da una serie di regole che portavano alla riflessione ed alla contemplazione e, con ogni probabilità, alla comunione dei beni, senza aver nulla di personale.

La via per la salvezza era contrassegnata anche da una serie di riti purificatori regolati da Pitagora e dai suoi adepti. Infatti, chi entrava nella comunità non poteva assumere proprie libere iniziative, né poteva abbandonare il cammino estatico e di purificazione, mostrando di accettare anche tutte le credenze e le pratiche in voga.

Oltre a ciò non si poteva mettere in discussione o modificare quel che Pitagora ed i suoi seguaci avevano stabilito doversi fare per entrare a far parte dell'associazione.

Questa motivazione, cioè il fatto dell'indissolubilità di quel che aveva detto il fondatore da solo o in accordo con i suoi adepti, porterà alla distruzione di tutte le sedi pitagoriche presenti in Magna Grecia, a seguito dell'azione di un movimento democratico fortemente contestatorio le dottrine pitagoriche e molti degli adepti furono perseguitati e trucidati.

Era così venuto meno il principio su cui si reggeva tutta la dottrina e la filosofia pitagorica, cioè l'obbedienza dei principi dati dal fondatore ed il credere "fideisticamente" a ciò che egli aveva elaborato. Ricordiamo che l'entrata nella Scuola era subordinata alla credenza nei principi chiave su cui si fondava, in modo quasi dogmatico, nei fatti e nella prassi, anche se a parole si combatteva il vuoto dogmatismo poiché considerato fine a sé stesso e depotenziato sul piano del ragionamento.

Ragionamento che, infatti, doveva essere svolto alla luce del rigore matematico e scientifico ed infatti il numero era alla base di ogni ipotesi, conclusione e credenza. La matematica è considerata una scienza ed è anzi la scienza tra le scienze e lo studio del "numero" era alla base della conoscenza del cosmo e di tutte le cose. Infatti, per i pitagorici, la matematica era vera scienza in quanto astrazione e rigore: grande importanza veniva data al carattere rigoroso della dimostrazione matematica, vista come la dimostrazione scientifica per eccellenza e il numero diviene la sostanza delle cose, dunque modalità con la quale si costruisce la matematica e con cui si perviene a comprendere l'essenza di tutto.

Per ora, vista la complessità dell'argomento terminiamo qui. La prossima volta ripartiremo dalla matematica e la dottrina del numero.

A presto, arrivederci!

Prof. Ivo Mandarino                     

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